Cos’è l’inquinamento acustico e perché rappresenta un problema concreto

Un po’ come la light pollution, anche l’inquinamento acustico è una forma di inquinamento Cenerentola: poco riconosciuto e passato in terzo e quarto piano nonostante produca (ce lo dicono i dati) sia danni sanitari che danni ambientali. Ma c’è di più: una chiave di lettura secondo me molto più interessante.
Tutte le risposte e le soluzioni messe in campo per rispondere al problema, mirano a regolamentare l’eccesso di rumore ma non tutelano affatto il diritto al silenzio (quello umano, che non è mai assoluto e misura almeno 10 decibel).
Per cui, il paradosso che ci troviamo ad affrontare è questo: asfalto fonoassorbente e pneumatici a basso impatto sonoro andranno ad abbassare la soglia dell’inquinamento acustico stradale – e questo è un bene – ma tutto ciò che è sotto la soglia stabilita dalle norme (65/55 decibel in Italia), anche se è un sottofondo costante che esilia il silenzio dalle nostre vite, non rientra nella definizione di inquinamento acustico e non viene considerato un problema.
Eppure, abbiamo un disperato bisogno anche di questo: non solo di “meno rumore”, ma anche di “più silenzio”. Basti pensare al tema della musica passiva (o parassitaria): quella che volenti o nolenti dobbiamo sorbirci in buona parte dei luoghi pubblici e contro cui, anni fa, iniziò a schierarsi anche un fior di musicista come Nicola Piovani. Già, proprio un musicista, pensate un po’. Perché se c’è una cosa che un musicista sa bene è che per nascere, la musica ha bisogno di silenzio.
Ne ho parlato sugli schermi di Teletruria.

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