Chi sono

Mi chiamo Martina Fragale – lo sottolineo perché così Google mi trova meglio – e nel caso non si fosse capito, in questo spazio tento di fare personal branding.

Detto ciò… coltivo l’arte del disordine fin dalla più tenera età. Tanto che alla fine sono riuscita persino a trasformarla in un lavoro (giusto per dire come va il mondo) Giornalista e ghostwriter: quando qualcuno mi chiede che lavoro faccio, taglio corto rispondendo che campo di scrittura. E che “sì, di scrittura si campa”. A patto di non rifugiarsi in sterili soliloqui e di guardare al mondo che ci circonda con un minimo (sindacale) di curiosità. Magari anche sfoderando una risorsa che abbiamo tutti ma che spesso ci dimentichiamo chissà dove: parlo della disponibilità al cambiamento, a rompere le righe di quella che in gergo si chiama comfort zone. 

In questo senso, sia sul piano collettivo che individuale, credo che le crisi (economiche, pandemiche e chi più ne ha più ne metta) qualche effetto collaterale positivo lo abbiano sempre. Gli scossoni a volte servono, soprattutto quando la resilienza ti consente di affrontarli elaborando nuove chiavi di lettura. Se infatti è vero che in molti casi le crisi hanno fatto tabula rasa, è anche vero che una tabula rasa non è necessariamente un “vuoto a perdere”, ma un campo infinito di opportunità.

Il giorno in cui ho preso il toro per le corna e ho deciso di tentare di trasformare le mie competenze in un lavoro, ho pensato a tutto questo. Ero fresca di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti  e le prospettive non sembravano rosee. Veder scritto “Martina Fragale” nell’elenco Pubblicisti, infatti, non mi dava nessuna garanzia di poter portare a casa la pagnotta. “Il giornalismo è morto“, mi sono sentita ripetere più volte… e in parte è vero: il giornalismo tradizionalmente inteso, in effetti, è morto da mo’. Ma siamo sicuri che sia per forza un male? E’ davvero utile mitizzare il passato e andare di continuo à rebours, verso una mitica Età dell’Oro che forse, in fondo, non è mai esistita?

Il giornalismo non è morto, sta solo cambiando. E non è morta nemmeno la scrittura, così come non è morta l’esigenza di comunicare. Abbiamo ancora bisogno di fiabe e di storie vere ben raccontate: lo dimostra l’attuale successo dello storytellingIl mondo è dei creativi e di chiunque – con passione e competenza – cerchi ogni giorno di sbarcare il lunario dando un valore (e un sacrosantissimo prezzo) alla propria professionalità. Recuperando il senso non della scrittura tout court, ma del “mestiere di scrivere“.

Giornalista

Giornalista pubblicista, ho collaborato con diverse testate nazionali e internazionali tra cui Millionaire, Affari Italiani,  ZDF, la seconda rete televisiva pubblica tedesca, e BuoneNotizie. Sempre come giornalista, collaboro con l’Università Statale di Milano occupandomi di media literacy e di giornalismo ambientale nell’ambito di corsi esterni su temi di economia circolare e sostenibilità.

I miei principali focus tematici sono l’ambiente e l’Artico. Collaboro con diverse testate e miei reportage (in cui parlo di sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici e trasformazione delle culture autoctone) sono frutto di viaggi “zaino in spalla” – a piedi e in solitaria – intorno e oltre il Circolo Polare Artico.

Dei Paesi che visito (e che cerco il più possibile di vivere) mi interessa mettere in luce le angolature e gli spaccati più inconsueti: il classico squarcio nella tela. Con un approccio orientato alla messa in luce delle soluzioni e basato sul giornalismo costruttivo.

Cos’è il giornalismo costruttivo

Per Buone Notizie, nel 2014, sono andata a Londra ad approfondire il progetto Constructive Journalism, partecipando al Transformational Media Summit (Parigi, 2015) e aggiornandomi nel corso di workshop tenuti da Cathrine Gyldensted presso l’Università di Windesheim (Olanda, 2016), alla Global Constructive Journalism Conference presso l’Università di Aarhus (Danimarca, 2017) e in Svizzera . Del Giornalismo Costruttivo, condivido in pieno l’approccio di base: la volontà di offrire uno spaccato sulla realtà più complesso rispetto a quello proposto dai media tradizionali. Inclusivo, cioè, anche di quel corposo sottobosco di esperienze costruttive che raramente vengono messe in luce.

Ho portato avanti questo tipo di approccio per l‘Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo (per cui ho lavorato come docente, tenendo anche corsi per l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, del Piemonte, dell’Emilia-Romagna e del Friuli) e come direttrice responsabile di “What now? Le soluzioni oltre al problema” e di BuoneNotizie.it.

Nella stessa prospettiva – costruttiva, quindi – ho tenuto diverse conferenze sul tema delle fake news e del debunking, anche con una  conferenza-spettacolo, “Dentro la fake news”, che nel 2018 è sbarcata sul palco del Teatro Litta di Milano.

I MIEI INTERVENTI SU AMBIENTE E CAMBIAMENTI CLIMATICI

Cosa sono le soluzioni di adattamento ai cambiamenti climatici

L’economia circolare spiegata bene

Il lato oscuro della transizione ecologica

Cosa sono (e come funzionano) i crediti di carbonio

Il disarmo climatico è la risposta all’impatto delle guerre sul clima

Alluvioni: qual è l’impatto dei cambiamenti climatici in Italia?

Le aree protette in Italia

Convivenza uomo-grandi carnivori: che fare?

Packaging alimentare e sostenibilità

Industria tessile e inquinamento: l’impatto della fast fashion

La legge francese sulla fine dei voli aerei a corto raggio è un esempio di greenwashing?

CRONACHE ARTICHE: I MIEI REPORTAGE SULL’ ARTICO

Un cacciatore di orsi della Finlandia del Nord

Il lago dalle acque di cristallo e i Sami che arrivarono dall’Est

I Sami e la magia: tra sciamani, roghi di tamburi e custodi di renne

Dalla corsa all’oro alle terre rare: l’Artico e i costi ambientali dell’energia pulita

Finlandia in primavera: il senso dei Sami per la neve

La notte polare: il suo buio e la sua luce

Viaggio in Groenlandia tra luci e ombre

Imparare a viaggiare da soli serve ed è un antidoto contro il turismo di massa

Vent’anni di vita a bordo della famiglia Schwoerer per registrare il cambiamento climatico

Terra di Nessuno: ai confini tra Russia e Finlandia

Una yurta nelle foreste finlandesi

Le strane storie di un giorno di pioggia a Tromsø

Andare per montagne nel Grande Nord

Eva Gunnare, la signora delle erbe

La lunga notte del mondo inuit e una scintilla nel buio. Robert Peroni e il progetto Red House

Vi racconto l’altra metà della Groenlandia. Intervista ad Alessandro Belleli 

I MIEI INTERVENTI SUL GIORNALISMO COSTRUTTIVO

Cos’è il giornalismo costruttivo. Intervento all’Università IULM di Milano

Il giornalismo costruttivo non c’entra con le buone notizie. Intervento all’Università di Asti

A proposito di giornalismo delle soluzioni. Intervento al Festival del Giornalismo

Mi chiamo Martina Fragale – lo sottolineo perché così Google mi trova meglio – e nel caso non si fosse capito, in questo spazio tento di fare personal branding.

Detto ciò… coltivo l’arte del disordine fin dalla più tenera età. Tanto che alla fine sono riuscita persino a trasformarla in un lavoro (giusto per dire come va il mondo) Giornalista e ghostwriter: quando qualcuno mi chiede che lavoro faccio, taglio corto rispondendo che campo di scrittura. E che “sì, di scrittura si campa”. A patto di non rifugiarsi in sterili soliloqui e di guardare al mondo che ci circonda con un minimo (sindacale) di curiosità. Magari anche sfoderando una risorsa che abbiamo tutti ma che spesso ci dimentichiamo chissà dove: parlo della disponibilità al cambiamento, a rompere le righe di quella che in gergo si chiama comfort zone. 

In questo senso, sia sul piano collettivo che individuale, credo che le crisi (economiche, pandemiche e chi più ne ha più ne metta) qualche effetto collaterale positivo lo abbiano sempre. Gli scossoni a volte servono, soprattutto quando la resilienza ti consente di affrontarli elaborando nuove chiavi di lettura. Se infatti è vero che in molti casi le crisi hanno fatto tabula rasa, è anche vero che una tabula rasa non è necessariamente un “vuoto a perdere”, ma un campo infinito di opportunità.

Il giorno in cui ho preso il toro per le corna e ho deciso di tentare di trasformare le mie competenze in un lavoro, ho pensato a tutto questo. Ero fresca di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti  e le prospettive non sembravano rosee. Veder scritto “Martina Fragale” nell’elenco Pubblicisti, infatti, non mi dava nessuna garanzia di poter portare a casa la pagnotta. “Il giornalismo è morto“, mi sono sentita ripetere più volte… e in parte è vero: il giornalismo tradizionalmente inteso, in effetti, è morto da mo’. Ma siamo sicuri che sia per forza un male? E’ davvero utile mitizzare il passato e andare di continuo à rebours, verso una mitica Età dell’Oro che forse, in fondo, non è mai esistita?

Il giornalismo non è morto, sta solo cambiando. E non è morta nemmeno la scrittura, così come non è morta l’esigenza di comunicare. Abbiamo ancora bisogno di fiabe e di storie vere ben raccontate: lo dimostra l’attuale successo dello storytellingIl mondo è dei creativi e di chiunque – con passione e competenza – cerchi ogni giorno di sbarcare il lunario dando un valore (e un sacrosantissimo prezzo) alla propria professionalità. Recuperando il senso non della scrittura tout court, ma del “mestiere di scrivere“.

Ghostwriter

Ed eccoci arrivati alla nota dolente. Quando dico che di lavoro faccio (anche) la ghostwriter, cala  di norma un silenzio luttuoso e anche un po’ imbarazzato. Dopodiché, in certi casi scattano le condoglianze, a volte – invece – si fanno strada le domande più imbarazzanti. Che vanno da “Cos’è un ghostwriter? Uno scrittore di racconti horror?” a “Ma fare il ghostwriter non è un po’ come dare l’utero in affitto?” (giuro: mi è stato chiesto).

Cosa fa il ghostwriter

Credo quindi che sia il caso di fare un po’ di chiarezza. Il ghostwriter non scrive (di solito) racconti di fantasmi e non lavora nemmeno travestito da spettro: è semplicemente uno scrittore-fantasma che mette la propria professionalità al servizio di un altro professionista.

Il professionista in questione può essere uno scrittore famoso come Stephen King (no, non è il mio caso), un comico di successo o anche semplicemente un imprenditore che ha bisogno di pubblicare un libro su se stesso e sulla propria attività. Chiamasi, banalmente, personal brandingEcco: io – come ghost – mi occupo molto di questo e cerco di farlo nel modo più creativo possibile. Uscendo dal recinto obbligato del saggio per passare a un ritmo narrativo più accattivante: quello dello storytelling e in certi casi addirittura del romanzo o del racconto.

Chi è il ghostwriter? Le caratteristiche che deve avere un ghostwriter

Chi è il ghostwriter? Un terzista della scrittura. Una figura professionale che sarebbe utile ridefinire e liberare da parecchi luoghi comuni.

Scrivere un libro per conto di altri rinunciando tanto ai diritti d’autore quanto alla paternità d’autore fa parte del ghostwriting a tutti gli effetti e il secondo aspetto – cioè la rinuncia alla paternità d’autore – al netto della mia esperienza personale è il principale motivo per cui sono relativamente pochi gli scrittori che accettano di fare i ghostwriter.

Gli scrittori, si sa, hanno un senso dell’Ego piuttosto sviluppato e la rinuncia alla paternità d’autore, in questo senso, va proprio a puntare il coltello nella piaga. Eppure, personalmente, sono convinta che proprio questo aspetto (la “rinuncia”) sia una grandissima opportunità creativa, a saperla cogliere. Qualcosa che, alla lunga, finisce anche per giocare a favore dello sviluppo delle proprie capacità autoriali: non come ghost ma come scrittori “alla luce del sole”.

Di tutto questo, ho parlato ultimamente in una bella intervista che mi è stata fatta su Teletruria.

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Quest’anno ho iniziato a collaborare con l’Università Statale di Milano come docente nell’ambito di un corso – finanziato dal PNRR – sull’economia circolare. Insieme ad alcuni docenti della facoltà di Scienze della Terra, sto approfondendo temi nevralgici come l’impatto ambientale della transizione energetica e l‘esigenza di un approccio realistico ai consumi e all’economia circolare. Cos’è, …

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Che il mondo del lavoro stia cambiando non è certo un mistero. La pandemia – e il macroscopico sviluppo dello smart working, di seguito – ha fatto da acceleratore ma molte trasformazioni erano già in atto da tempo. A partire dalla Great Resignation – il fenomeno delle Grandi Dimissioni – già presente negli USA da …

Il disarmo climatico è la risposta all’impatto delle guerre sul clima

Raramente le manifestazioni del movimento pacifista intersecano l’attivismo di stampo ambientalista. Eppure tra guerre e problemi ambientali esiste un legame di perfetta reciprocità (no, diciamola fuori dai denti: un circolo vizioso). I cambiamenti climatici incrementano il numero dei conflitti – ed esasperano quelli già esistenti – dando origine a flussi migratori sempre più imponenti. La …