Violenza di genere, femminicidi e giornalismo costruttivo

Oggi, su Teletruria (dove sono ospite di Gloria Peruzzi ogni settimana) ho parlato di una bella inchiesta sulla violenza di genere che recentemente abbiamo pubblicato su BuoneNotizie.it: la testata di cui sono direttore responsabile ormai da due anni e mezzo.

Come presupposto, siamo partiti da quella che per noi è la domanda fondamentale: che tipo di informazione serve alle vittime? Parlare di femminicidi è giusto, ma parlare “solo” di femminicidi – indulgendo nei particolari più morbosi – rischia solo di amplificare l’onnipotenza del carnefice nella percezione delle vittime e di di diventare un deterrente per le donne che vorrebbero denunciare. Cosa serve, quindi, per favorire l’emersione del problema? Abbiamo risposto con gli strumenti del giornalismo, mettendo l’accento su cosa sta cambiando e su cosa serve.
Lo abbiamo fatto partendo dai numeri e guardandoli in modo diverso perché il numero, a volte, non dice una cosa sola ma apre tanti spaccati. L’incremento delle denunce, per esempio, parla della gravità del fenomeno ma allo stesso tempo ci dice che (a differenza del passato, quando tutto passava sotto silenzio) oggi, finalmente, molte situazioni vengono alla luce e questo succede perché esiste una rete sempre più forte di CAV, rifugi e professionisti specializzati.
Abbiamo poi parlato di esempi virtuosi (e scalabili, cioè replicabili anche da noi) come quello della Spagna, che ha iniziato un percorso normativo e di professionalizzazione molto prima di noi. Last but not least, abbiamo poi parlato di una cosa (positiva) di cui non si parla mai: l’aumento delle denunce da parte di donne, sta aiutando anche gli uomini a denunciare. Perché sì, esiste (in modo diverso: in termini più di violenza economica e psicologica) anche una violenza sugli uomini, perpetratata sia da donne sia da altri uomini. Una violenza che fa ancora fatica a venire alla luce perché – sempre a causa degli stereotipi – un uomo che denuncia violenza (a maggior ragione se da una donna) purtroppo fa ancora ridere e viene additato come “debole” o “femminuccia”. Il futuro della lotta contro la violenza di genere, credo che starà anche in questo: nella maturazione di un approccio più inclusivo.